Una Partita a Scacchi-Saggezza e Santità #144756

di Enrico Benedettini

Enrico Benedettini

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Una partita a scacchi.
Quella partita a scacchi, in casa di amici, avrebbe potuto mutare il corso della storia, se non fosse dipesa dallo stile dei giocatori... inchiodati a loro stessi da una natura avversa al cambiamento. Plagiati da chi pensava di condurli oltre le frontiere di una sciatta esistenza, soccombono sotto il peso della loro inettitudine che li condanna a una tragica e ingloriosa fine. Una metafora sul potere, la natura dell’uomo e le sue velleità, tra l’ingenua alterigia di chi ragiona per gli altri, e la disarmante sprovvedutezza di chi ne assume il dettato. Una diabolica lacerazione che si ricompone solo per l’intervento della Morte che conferisce senso a una partita dall’esito imprevedibile.


Saggezza e Santità.
Che cosa significa, oggi, intendere il passato, ascoltarne le voci che hanno intagliato il senso della vita nel vuoto della nostra esistenza? Chi è ancora in grado di riconoscere e confrontare le origini di un pensiero che ha segnato il cammino dell’uomo negli ultimi due millenni? S’impegnano a farlo i visitatori di un museo che espone le voci di un colloquio mai spento del quale ancora si avvertono le arcane suggestioni che giungono a loro per suscitare consenso. Ma di quale consenso si tratta?
 
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Altre informazioni:

ISBN:
9788822884947
Formato:
ebook
Anno di pubblicazione:
2017
Dimensione:
1.4 MB
Lingua:
Italiano
Autori:
Enrico Benedettini
Protezione:
watermark

Recensioni degli utenti(1 recensione)

  • Pubblicato da giuseg80@libero.it il 22 Oct 2017

    5
    E' ancora possibile pensare?

    In “Saggezza e Santità”, seconda pièce dell’opera, Cristo Dioniso e Socrate discutono attraverso delle teche di vetro, imprigionati nelle loro posizioni e nelle idee che la tradizione ha attribuito loro cristallizzandole in un atteggiamento omogeneo verso i temi principali dell’esistenza e del senso della vita e della morte. Un avvenimento storico, indubbiamente, se non per il fatto che la Storia è cessata: le interpretazioni sono morte e i tre personaggi si manifestano per-quello-che-sono-rimasti, così tanto originali da mimare continuamente se stessi, da diventare grotteschi. Cos’è successo? Questo dialogo è ambientato in un futuro non troppo lontano, in un’epoca post-postmoderna dove tutto è già sempre definitivamente accaduto, dove il gusto è paratattico per eccellenza e dove i legami sono le associazioni della moda e le tendenze del momento, che poi svaniscono senza lasciare ricordo. In questo museo c’è di tutto: oltre ai tre pensatori, ci sono i cimeli dei tempi trascorsi, le tracce isolate e oggettuali che colpiscono per la loro semplice-presenza e che non hanno più rimandi, come uccelli tropicali dai colori incomprensibili. L’esposizione è etimologica: ex-posizione, estraneazione, silenzio. In quest’assenza di legami, tutto viene presto a noia: gli spettatori se ne vanno sorridendo, lasciando gli emuli alla loro sorte di copie, impronte prive di stampo, sintomi senza richiami. “La giostra che gira sul medesimo asse ha portato la gente a esserne fiera, rassicurata dal fatto che nulla cambiava, che tutto questo tornava davvero, e partiva daccapo all’identico modo. L’olocausto fu colto in modo splendente: non più idee da tenere lontano, ragionamenti contorti di chi voleva pensare, ma un impegno affermato a ripercorrere il giro”. Un’opera fredda, impietosa e febbrilmente lucida. Uno scritto inattuale che ha preceduto il presente.